Vendere e comprare efficienza: le nuove strategie di servitizzazione superano il concetto di passaggio di proprietà e consentono al cliente di acquistare servizi di qualità.
La tecnologia non è tutto, nelle strategie di servitizzazione. Un nuovo modello di business che tiene conto dell’efficienza, delle funzioni operative e de servizi legati a uno strumento, a un macchinario, a un impianto. Questo significa, in sostanza, vendere, dal lato fornitore, e acquistare, dal lato cliente, ciò che il prodotto fa, alla sua massima efficienza. La “fattura”, dunque, non viene emessa per il passaggio di proprietà, ma per l’uso di un determinato strumento da parte del cliente.
C’è di più: la servitizzazione non è un semplice noleggio del prodotto. Il fornitore si impegna anche a far funzionare sempre ogni soluzione con la massima efficienza, funzionalità e produttività. Ecco perché il fulcro si sposta dal prodotto al servizio fornito.
Dove e perché nascono strategie di servitizzazione
Questa evoluzione, partita dal mondo dei servizi, si sta allargando e si estenderà presto agli ambiti della produzione. La tendenza è già in atto, sia nell’industria tradizionale sia nelle imprese 4.0: chi vuole più efficienza per la propria azienda, può trovare nella servitizzazione una soluzione adeguata.
Perchè? Cambiare conviene, a entrambe le parti in gioco: da un lato il produttore di tecnologie e soluzioni, dall’altro l’acquirente che diventa utente di servizi. Produrre e offrire solo macchine e strumenti non basta più, anche perché la forte concorrenza internazionale, che rende i margini di profitto sulla vendita sempre più limitati. Occorre fornire servizi a noleggio, cambiando completamente il modello di business.
Nuovi modelli, nuove relazioni
“Con le strategie di servitizzazione, cambia anche la relazione del produttore con il cliente. Cambia il modo di ottenere valore” sottolinea Sergio Terzi, direttore dell’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano. “Tutto questo è possibile perché c’è un’evoluzione nel modo e nel profilo di consumo, un mercato che accetta una proposta diversa”.
Il principio è già evidente in settori completamente diversi. Esempi di servitizzazione sono Uber, il colosso mondiale della mobilità privata che non possiede neppure un’automobile; o Airbnb, il più grande protagonista dell’ospitalità a livello globale, senza possedere neanche una camera.
Siamo di fronte al passaggio epocale dal possesso, di un bene o strumento, all’accesso, a quel bene o servizio, fatto crescere dalla sharing economy. Ma l’affitto di un bene, in realtà, è sempre esistito: la novità eclatante è che le nuove tecnologie rendono il meccanismo molto più profittevole e gestibile.
I vantaggi per i technology provider
Nel nuovo approccio “circolare” alle attività di business, per il produttore e fornitore di macchinari, sistemi e servizi, i vantaggi possono essere diversi.
Eccone alcuni:
Il mercato cresce con il noleggio di strumenti e servizi;
Si riesce a fidelizzare il cliente, perché il rapporto non termina con l’acquisto del bene ma continua nel tempo;
Il produttore mantiene un maggiore controllo su configurabilità e sviluppo dei sistemi;
Il produttore si occupa della manutenzione delle macchine;
Si centralizza la gestione dei guasti.
Le strategie di servitizzazione viste dal cliente
Allo stesso modo, chi aderisce a proposte di servitizzazione ottiene importanti benefici. Per esempio:
Può accedere e usare lo strumento senza investire per acquistarlo, con costi immediati e complessivi molto più bassi;
Non subisce neanche l’obsolescenza dei macchinari perché non li possiede;
Può cambiare e rinnovare con molta facilità e flessibilità le soluzioni;
Ha la possibilità di testare macchinari e soluzioni anche in via sperimentale, e non definitiva.
Tutto questo si traduce in innovazione, produttività e successo.
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