Come dice il vecchio proverbio, “non si tratta di se, ma di quando”. E per il monitoraggio e la rilevazione delle emissioni di anidride carbonica Scope 3 dei data center, il “quando” è diventato “ora”.
Indice degli argomenti
La sostenibilità ambientale è una questione cruciale per gli operatori dei data center. Per questo nel 2022, dopo un anno di ricerche, abbiamo pubblicato il White Paper n°67, “Guida alle metriche di sostenibilità ambientale per i Data Center”. Questo documento comprende 5 categorie e 23 metriche che consentono agli operatori dei data center di controllare tutte le fasi del loro percorso di sostenibilità. Queste metriche includono le emissioni di gas serra (GHG) di tipo Scope 3 – ovvero tutte le emissioni connesse all’attività dell’azienda.
Che cosa si intende per impronta di carbonio e cosa significano Scope 1, 2 e 3
L’impronta di carbonio (o carbon footprint) è un indicatore che si usa per misurare la quantità di CO2e emessa ad esempio da un’azienda.
Per misurare l’impronta di carbonio, si utilizza la nomenclatura definita dal Greenhouse Gas Protocol:
- Scope 1: comprende le emissioni derivanti da fonti di proprietà o controllate dalle imprese (ad esempio: i combustibili fossili usati per riscaldare gli edifici);
- Scope 2: include le emissioni connesse all’energia acquistata da un’azienda ai fini dei consumi elettrici;
- Scope 3: comprende tutte le emissioni connesse all’attività dell’azienda che non rientrano né nello Scope 1 né nello Scope 2 (ad esempio le emissioni relative alla mobilità dei dipendenti, alla catena di fornitura, all’utilizzo dei beni prodotti, ecc.).
Attualmente, il Protocollo GHG e la maggior parte delle aziende, considerano l’analisi delle emissioni Scope 3 come facoltativa. Ma con l’aumento dell’utilizzo di energie rinnovabili, le emissioni di CO2 di Scope 3 sono destinate a essere quelle che contribuiscono di più alle emissioni complessive di gas serra di un data center.
Molti operatori di data center non sanno come tenere traccia delle emissioni che sono connesse all’attività di un’azienda. A peggiorare le cose, il settore non disponeva di un quadro di riferimento per la contabilizzazione e l’analisi delle emissioni di Scope 3 dei data center.
Almeno fino ad oggi.
Un nuovo quadro di riferimento
Robert Bunger ed io abbiamo elaborato un nuovo whitepaper, il n. 53, intitolato “Recommended Inventory for Data Center Scope 3 GHG Emissions Reporting”.
Nel documento appena pubblicato, proponiamo 9 categorie di fonti di emissioni e le relative sottocategorie specifiche per i data center come quadro di riferimento per gli operatori dei data center.
Perché le emissioni Scope 3 e perché ora?
L’analisi e il calcolo delle emissioni Scope 3 è limitata rispetto alle emissioni di Scope 1 e Scope 2 per cause diverse come la mancanza di un controllo diretto sulle attività della catena del valore, la mancanza di dati affidabili sui fornitori e la mancanza di metodologie di misurazione e rendicontazione.
Tuttavia, la rendicontazione delle emissioni di Scope 3 sta diventando sempre più importante per un’impresa perché:
- L’omissione della misurazione delle emissioni Scope 3 può rappresentare un rischio potenziale per gli investitori. Gli investitori non sono a conoscenza della reale esposizione dell’azienda ai rischi climatici.
- La misurazione e la rendicontazione delle emissioni Scope 3 diventeranno obbligatorie nel prossimo futuro. Secondo i criteri della Science-Based Target Initiative (SBTi), “Se un’azienda ha emissioni significative Scope 3 (oltre il 40% delle emissioni totali degli ambiti 1, 2 e 3), dovrebbe fissare un obiettivo Scope 3”.
Lo schema che proponiamo si applica a tutte le aziende che dipendono dall’IT per gestire la propria attività. Le risorse IT possono essere suddivise in tre categorie principali:
- Strutture di data center di proprietà di un’impresa o gestite da essa (cioè on-premise).
- Apparecchiature IT ospitate in una struttura di colocation.
- Servizi cloud, applicazioni in hosting, ecc.
Cose che non sai di Scope 3
Se non si conoscono il monitoraggio delle emissioni di CO2 e gli “Scope”, non c’è da preoccuparsi. Il Protocollo GHG offre numerose risorse per cominciare.
Di seguito una panoramica grafica delle emissioni Scope 1, 2 e 3.
- Le emissioni Scope 3 sono talvolta chiamate emissioni della “catena del valore” di un’azienda.
- Il termine “embodied carbon” è usato frequentemente per descrivere le emissioni che si verificano durante la fabbricazione di un prodotto, ed è un sottoinsieme dello Scope 3.
- Esistono emissioni Scope 3 “Upstream” e “Downstream “. Le emissioni Downstream di un’azienda spesso sono le Upstream di un’altra azienda. La rendicontazione delle emissioni di CO2 si può sovrappone tra le aziende, il che è intenzionale e voluto.
- Una volta stabilito un criterio, non dovrebbe esserci un doppio conteggio delle emissioni di Scope 1, 2 e 3 all’interno di un’azienda. Sapevi ad esempio che le emissioni derivanti dall’acquisto e dall’utilizzo del carburante diesel per i generatori di riserva di un data center hanno una componente sia di Scope 1 che di Scope 3? Le emissioni prodotte dai gas di scarico del generatore durante il funzionamento sono Scope 1, mentre l’acquisto del carburante diesel comporta una componente Scope 3 derivante dall’estrazione, dalla raffinazione e dalla consegna del carburante.
Risorse utili
Per raggiungere l’obiettivo “net zero”, gli operatori dei data center devono iniziare a monitorare le emissioni di Scope 3. La lista proposta nel whitepaper n°53 ti aiuterà a fare una prima analisi, un benchmarking e, soprattutto, a ridurre le emissioni.
Schneider Electric, in tal senso, sta sviluppando un nuovo strumento TradeOff, il Data Center Total Carbon Footprint Calculator, che stimerà le emissioni Scope 1, 2 e 3 per varie configurazioni di data center.
Questo post è stato pubblicato originariamente sul blog Global di Schneider Electric.
Aggiungi un commento